Febbraio 2016

Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell'ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato. Sì della Camera dei Deputati all'introduzione del c.d. "Whistleblowing" anche nel settore privato. Modifiche al D. Lgs. 231/2001.

Lo scorso 21 gennaio 2016 la Camera ha approvato, con 281 si, 71 no e 18 astenuti, la proposta di legge n. 3365, con la quale è intenzione del Legislatore andare a dettare la disciplina sulla protezione dei dipendenti che segnalano illeciti, da applicarsi sia al settore pubblico che al settore privato. Il testo della proposta di legge è composto da due articoli: il primo apporta una modifica dell’art. 54-bis del D. Lgs. n. 165/2001 in materia di tutela del dipendente o collaboratore che segnala illeciti nel settore pubblico, mentre il secondo introduce tutela analoga per il dipendente privato, introducendo i commi 2-bis, 2-ter e 2-quater all’art. 6 D. Lgs. 231/2001

L’intervento del Legislatore ha ad oggetto l’istituto giuridico di origine anglosassone del c.d. “whistleblowing”, introdotto di fatto nell’ordinamento nazionale solo di recente con la legge n. 190/2012, la quale ha inserito il nuovo art. 54-bis nel D. Lgs. 165/2001, con cui è stata introdotta la possibilità per il pubblico dipendente, di denunciare all’autorità giudiziaria o alla Corte dei conti, o all’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), o di riferire al proprio superiore gerarchico “condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro“. La proposta di legge in oggetto ha il duplice intento di modificare, rendendo più efficace, il meccanismo del whistleblowing nel settore pubblico, oltreché di introdurlo anche nel settore privato.

Nel proseguo verranno analizzate le novità che riguardano il settore privato, incentrate su nuovi e specifici obblighi posti in capo agli enti forniti di personalità giuridica, alle società ed alle associazioni anche prive di personalità giuridica, che intendono avvalersi di un modello organizzativo di gestione e controllo ai sensi del D. Lgs. 231/2001. Il D. Lgs. 231/2001 prevedeva già, seppur difettando in termini di misure a tutela del whistleblower, “obblighi di informazione nei confronti dell’organismo deputato a vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli” (art. 6, comma 2, lett. d), ciò che ha rappresentato un interessante quanto timido impulso al fenomeno in oggetto nel settore privato. L’obbligo di segnalazione delle violazioni, pertanto, già era stato introdotto nell’ordinamento nazionale, sebbene non fosse stato accompagnato dalla costruzione di un sistema di tutele nei confronti dei soggetti segnalanti, che potesse porre questi ultimi nelle condizioni di massima garanzia di fronte ad eventuali pratiche ritorsive, ciò che avrebbe reso assai più efficace il sistema di reporting

Tale esigenza di tutela, soprattutto circa la garanzia di riservatezza per i segnalanti, peraltro, già era stata evidenziata da Confindustria nelle proprie Linee Guida per la costruzione dei modelli 231*.

Per tali ragioni la proposta di legge in oggetto va ad integrare, migliorandolo decisamente seppur non approntando un livello di efficacia ancora completamente soddisfacente, il sistema di flussi informativi verso l’ODV, rilevato che fino ad oggi nessuna effettiva misura a tutela del segnalante era stata predisposta dal Legislatore e che l’efficacia del whistleblowing passa attraverso la predisposizione di idonea tutela giuridica in favore dei dipendenti o collaboratori che segnalano illeciti agli organi preposti alla vigilanza.

A tal fine il provvedimento in oggetto intende introdurre i già menzionati tre nuovi commi (2bis, 2-ter e 2-quater) all’art. 6 D. Lgs. 231/2001, in base ai quali i modelli di organizzazione gestione e controllo dovranno prevedere: 

a) A carico dei vertici degli enti o di soggetti da loro vigilati o di coloro che, a qualsiasi titolo, collaborano con l’ente, l’obbligo di presentare segnalazioni circostanziate di illeciti che, in buona fede, ritengano altamente probabile si siano verificati, rilevanti ai sensi del decreto o le violazioni del modello di organizzazione e gestione dell’ente di cui siano venuti a conoscenza in ragione delle funzioni svolte;

b) Canali alternativi di segnalazione, di cui almeno uno idoneo a garantire, anche con modalità informatiche, la riservatezza dell’identità del segnalante;

c) Misure idonee a tutelare l’identità del segnalante e a mantenere la riservatezza dell’informazione in ogni contesto successivo alla segnalazione, nei limiti in cui l’anonimato e la riservatezza siano opponibili per legge;

d) Il divieto di atti di ritorsione o discriminatori, diretti o indiretti, nei confronti del segnalante per motivi collegati, direttamente o indirettamente, alla segnalazione. E’ fatto salvo il diritto degli aventi causa di tutelarsi, qualora siano accertate in capo al segnalante, anche con sentenza di primo grado, responsabilità di natura penale per i reati di calunnia o diffamazione, o comunque per altri reati commessi con la segnalazione, ovvero responsabilità di natura civile, per lo stesso titolo, nei casi di dolo o colpa grave, derivanti dalla falsità della segnalazione;

e) nel sistema disciplinare adottato, sanzioni nei confronti di chi viola gli obblighi di riservatezza o compie atti di ritorsione o discriminatori nei confronti del segnalante. 

Ulteriormente è prevista la possibilità per il whistleblower – oltreché per l’organizzazione sindacale indicata da quest’ultimo – di denunciare all’ispettorato Nazionale del Lavoro l’adozione di misure discriminatorie nei confronti dei soggetti che effettuano le segnalazioni, affinché siano emessi i provvedimenti del caso. Inoltre, la proposta di legge prevede espressamente la nullità del licenziamento ritorsivo o discriminatorio comminato al soggetto segnalante, così come dei mutamenti di mansioni ai sensi dell’art. 2103 c.c., nonché di qualsiasi altra misura ritorsiva o discriminatoria adottata nei confronti del segnalante. Per di più, nel caso in cui risultino elementi di prova della natura ritorsiva e discriminatoria delle misure adottate, il progetto di legge prevede l’inversione dell’onere della prova in capo al datore di lavoro, della sussistenza di legittime ragioni a fondamento della misura adottata nei confronti del segnalante. Le modifiche che il Legislatore intende apportate al D. Lgs. 231/2001, ampliano i contenuti obbligatori dei modelli organizzativi di gestione e controllo, che facoltativamente le società possono adottare ai sensi del decreto stesso, ciò che dovrà essere tenuto nel debito conto dalle società al momento della redazione del modello. Tali modifiche, lo si ribadisce, vanno nel senso di garantire un’effettiva tutela del segnalante contro eventuali atti ritorsivi che lo stesso correrebbe il rischio di subire su istanza del datore di lavoro, ciò che dovrebbe rappresentare, nelle intenzioni dell’estensore, un incentivo alla denuncia di illeciti. Sebbene queste misure vadano sicuramente in tal senso, appare evidente che l’introduzione di misure premiali in favore dei whistleblowers, sarebbe intervento assai più incisivo ed efficace al fine di raggiungere gli obbiettivi di “emersione” degli illeciti, soprattutto nel settore pubblico. Ciò appare ancora più evidente anche alla luce dell’esperienza di altri paesi, soprattutto di tradizione di common law – in particolar modo gli Stati Uniti – laddove sono previste vere e proprie “ricompense” in favore dei soggetti segnalanti, questo sì – invece – strumento incentivante la pratica di segnalazione, ovviamente con la previsione di idonee misure di prevenzione di fenomeni delatori. La proposta di legge in commento, introducendo strumenti di tutela dell’identità del segnalante, oltreché una tutela in ordine ad eventuali atti di ritorsione o discriminatori, pertanto rappresenta un buon intervento in funzione di incentivo alla segnalazione di illeciti, anche se appare integrabile con altri interventi ancora più incisivi. In funzione della costruzione di modelli ex D. Lgs. 231/2001 idonei a produrre effetti esimenti, la proposta di legge in esame, se approvata anche al Senato nel testo attuale, renderà necessario, al momento della redazione del modello, strutturare adeguati sistemi di flussi informativi, che rendano possibile per i potenziali segnalanti poter avvalersi di plurimi canali di segnalazione, anche in via informatica, garantendo la riservatezza del segnalante e dell’informazione, ciò che dovrà essere attentamente preso in considerazione dai professionisti chiamati alla redazione del modello. Altresì il modello dovrà contenere l’espresso divieto di atti ritorsivi o discriminatori nei confronti dei segnalanti, nonché idonee sanzioni – da inserire nel sistema disciplinare – applicabili in caso di violazione del suddetto divieto e degli obblighi di riservatezza.


*Confindustria, Linee guida per la costruzione dei modelli di organizzazione, gestione e controllo, 2014, pag. 70

 

Avv. Michele Bartoli
m.bartoli@beconcinibartoli.eu